da Il Cittadino di Monza e Brianza
A tre anni un treno gli ha strappato l’arto destro e gli ha ucciso la madre che cercava di salvarlo. Oggi è nella nazionale paralimpica di ciclismo e punta a Brasile 2016. «Ecco come sono rinato».
Il viso, incorniciato dai capelli biondi che non rivela la maggiore età, il sorriso aperto e luminoso, la risata fresca e spontanea non raccontano la fatica delle salite, il corpo minuto non dà subito ragione agli allenamenti quotidiani. Ma lo sguardo è quello di chi ha raccolto la sfida, tanti anni fa, e ha saputo conquistarsi con sudore e determinazione la propria porzione di sogno.
Quello di Andrea Pusateri, diciannove anni, iscritto al quarto anno del corso serale di ragioneria all’Istituto Mosè Bianchi, ha la forma di una bicicletta, ma non di una qualunque, una specialized in fibra di carbonio. Con quella Andrea tocca i 50 chilometri all’ora, con quella si è laureato campione d’Italia nella categoria C1, quella riservata agli atleti paralimpici.
Andrea gareggia con una gamba soltanto, quella sinistra, che la mano geniale del chirurgo Marco Lanzetta ha saputo riattaccargli dopo il tragico incidente che gli ha strappato la madre e le gambe. Era il 1997 quando Elena Scarsella, madre del piccolo Andrea, tre anni e mezzo, e di Sara, undici anni, morì investita da un treno alla stazione di Monza, per salvare la vita al bimbo che si era gettato in mezzo ai binari. Per lei non c’è stato nulla da fare, al piccolo Andrea, invece, Lanzetta, che allora era chirurgo all’Ospedale S.Gerardo, ha saputo riattaccare la gamba sinistra.
Oggi Andrea cammina grazie a una protesi in carbonio realizzata dai tecnici dell’Ortopedia Pirola, anche se non gli dispiace saltellare per strada sulle sue stampelle. «Appena è stato possibile abbiamo cercato di coinvolgerlo in ogni tipo di sport e attività – racconta nonno Luigi Scarsella, che insieme alla moglie Maria ha ottenuto l’affido dei due bambini – dal nuoto al tiro con l’arco, ma anche canto e violino. E poi è arrivata la bicicletta».
A metterlo per la prima volta in sella è stato lo zio Ivo, il fratello di sua madre. «All’inizio cadevo sempre, poi ho cominciato ad amare questo sport», continua Andrea. E la bici, quella «seria», gli è venuta incontro con il volto di Fabrizio Macchi, campione paralimpico plurimedagliato. «L’ho conosciuto a Varese, quando sono andato a vedere la prima gara in velodromo, da allora mi segue e mi ha aiutato moltissimo a crescere come atleta».
L’avventura sulle due ruote inizia con i Ciclisti Monzesi prima e la Bee & Bike di Bregnano, che apre, a quattordici anni, la stagione agonistica. Ma i frutti di tanto lavoro Andrea ha iniziato a raccoglierli da due anni a questa parte, da quando, nel 2011, ha partecipato per la prima volta al Campionato italiano a Paternò, dove ha subito conquistato il primo posto nella sua categoria. E poi il Piacenza paracycling, la gara internazionale, che ha visto il ciclista monzese piazzarsi tra i primi dieci, fino alla convocazione, lo scorso anno, della Nazionale paralimpica.
«In bici mi sento realizzato, è indescrivibile la sensazione di libertà che provo quando spingo con la gamba sul pedale. Quando non riesco a uscire per strada ad allenarmi, almeno tre ore al giorno, mi sento nervoso, sento che mi manca qualcosa. Studio ragioneria, ma lo considero il piano B – ammette – il mio desiderio è riuscire a fare del ciclismo la mia unica professione».
E mentre parla lo sguardo già corre al Brasile, e alle olimpiadi del 2016. «Il tempo materiale c’è, ma dovrò impegnarmi davvero moltissimo». Il prossimo appuntamento sono di nuovo le gare internazionali a Piacenza a Maggio, il resto è poi tutto da costruire, chilometro dopo chilometro, spingendo sul pedale.