da La Provincia di Varese
Come mai così tanti ricorsi per una cattedra all’università dell’Insubria?
«Volevo venire all’Insubria perché cercavano una persona che era il mio identikit. Il bando sembrava dipinto su di me – racconta Marco Lanzetta, noto chirurgo della mano – Ero andato all’estero e non credevo alle manfrine che si dicevano riguardo ai concorsi pilotati. Mi sarebbe piaciuto lavorare a Varese e mi sono proposto. Mi è stato subito detto di non presentarmi, ma io l’ho fatto ugualmente perché avevo i titoli dal momento che il bando chiedeva espressamente “un chirurgo della mano che avesse soggiornato all’estero”. Del resto, dire di non presentarsi è consuetudine quando i giochi sono già fatti perché si evitano problemi».
Che idea si è fatto di questa storia?
«Che questo è un sistema che non funziona, che non premia il merito e che quindi bisogna cambiarlo. E’ una battaglia che bisogna intraprendere tutti insieme con caparbietà e gentilezza. Si tratta di essere fermi sulle proprie convinzioni e chiedere alla giustizia di prendere una posizione. Adesso, però, il problema è che la controporte non ubbidisce alla legge. È come se uno che ha ucciso ed è stato condannato non andasse in galera, ma ricominciasse da capo».
Andrà avanti a presentare ricorsi?
«Io intendo andare fino in fondo, ma spersonalizzando questa battaglia che non è più personale. Lo faccio anche per altri che non si vogliono esporsi. Quello dell’università è un mondo potentissimo, che decide del tuo futuro. Esistono commissioni che hanno il potere di far avanzare le carriere. Invece deve essere il merito a portare in alto i talenti. Questo principio in Italia viene disconosciuto continuamente. Amici, figli, amanti vincono i concorsi a discapito di chi ha sacrificato tempo in studio e esperienza».
Quali reazioni ha suscitato l’articolo di Stella?
«Mi stanno arrivando moltissime mail di cittadini che mi hanno scritto cose meravigliose. Uno dice: “Non sono nessuno, ma sono a sua disposizione per manifestare contro le baronie. Grazie per aver speso soldi per fare ricorso”. Un altro: “Ci sono diversi colleghi che lottano per cose simili. Persone come lei danno lo sprone per osare”. Sono parole bellissime che mi danno una forza incredibile. Mi danno la voglia di continuare a lottare».